Privacy e invisibilità online: come ci vedono davvero sul web

La nostra privacy è quanto di più prezioso abbiamo all’interno di un mondo, quello del web, che si nutre e utilizza le nostre informazioni per controllarci, spingerci all’acquisto, influenzarci e valutarci.

Essere sul web, oppure come ritiene il professor Luciano Floridi, nell’infosfera, vuol dire condividere informazioni in maniera costante: i nostri movimenti sui siti web, gli acquisti, le ricerche locali, i media che carichiamo sui social, i like, l’utilizzo dell’intelligenza artificiale, ogni giorno arricchiamo il web di informazioni come se ogni click fosse un’impronta.

I siti web utilizzano i nostri dati personali, presi magari dalle iscrizioni o dagli account esistenti, per poi monitorare i nostri movimenti all’interno del sito specifico e conoscere sempre meglio le nostre abitudini.

Utilizzando delle metriche comprendono di più sul nostro comportamento fino a che gli algoritmi capiscono quando e come colpire per far sì di raggiungere l’obiettivo. Navigare online ci dà l’illusione della libertà e dell’anonimato, ma la verità è che la nostra presenza digitale è tutto fuorché invisibile.

Senza accorgercene, disseminiamo informazioni ovunque: quando accettiamo un cookie “per comodità”, quando ci logghiamo con Facebook, o anche solo leggendo una notizia. Non si tratta solo di dati sensibili o dell’essere tracciati, che spesso viene anche fatto per nostra convenienza (basti pensare all’algoritmo di Netflix, ad esempio, che sa quali sono i nostri gusti e ci consiglia cosa vedere) ma di identità: le piattaforme continuano a chiuderci sempre di più in una comoda bolla e le informazioni che riceviamo sono filtrate per compiacerci e farci restare online.

In più le piattaforme costruiscono una percezione di noi ed è facile perdere il controllo della propria identità online. In questo mondo ogni interazione è memorizzata e per questo l’anonimato diventa un’arte complessa così come la privacy una conquista quotidiana da realizzare. Vediamo come.

Cosa lasciamo online ogni giorno (spesso senza saperlo)

Proviamo a immaginare il nostro computer o smartphone come la nostra casa: la porta è aperta e chiunque può entrare e dare un’occhiata, girovagare tra i nostri oggetti personali, leggere faldoni medici, guardare nei cassetti, nello sportello del bagno. Ovviamente è una situazione che ci metterebbe a disagio, nonché ci darebbe fastidio: è la nostra privacy ed è importante proteggerla.

Quello che facciamo online è un po’ come quello che facciamo in casa: navighiamo su siti web, sfogliamo cataloghi, leggiamo articoli, ascoltiamo podcast e vediamo video, abbiamo una vita digitale fatta di cose che non sono materiali ma che fanno parte della costruzione della nostra quotidianità tanto quanto i documenti stampati e le foto appese al muro.

La nostra vita online è un mosaico che si compone di dati visibili, ad esempio i commenti ai video o i post sui social, che siamo noi a scegliere di mostrare, e dati invisibili, che sono quelli più subdoli e che non sappiamo nemmeno di lasciare online.

I dati che dichiariamo sono spesso il nome e il cognome, l’indirizzo email, l’indirizzo di casa quando effettuiamo un’iscrizione, ma questi non sono dati preziosi per le aziende che lavorano online.

I dati invisibili e più interessanti sono dedotti dai nostri comportamenti e abitudini che potrebbero classificarci ad esempio come “attenti al benessere” oppure “potenzialmente vegetariani” o cose del genere semplicemente in base a ciò che guardiamo online.

I dati ancora più insidiosi invece riguardano quelli che generiamo navigando, senza fare nulla di attivo: sono informazioni che riguardano il nostro Indirizzo IP, il tipo di dispositivo utilizzato, la posizione approssimativa o il tempo speso su una pagina.

Anche se si tratta solo di un numero, spesso questi dati vanno a generare modelli di consumo, mappe psicografiche, previsioni su cosa acquisteremo o voteremo, insomma, le nostre abitudini diventano armi molto sottili nelle mani delle grandi corporazioni.

Cookie, tracker e fingerprinting: cosa sono e come funzionano

Come si raccolgono i dati online.

Questi dati invisibili vengono raccolti attraverso sistemi di tracciamento, degli strumenti non sempre visibili e riconoscibili e che ci fanno capire come i nostri dati siano così vulnerabili e con essi la nostra privacy. I cookie ad esempio, sono piccoli file di testo che un sito web salva nel browser per ricordarsi di te: sono nati per esempio per tenere un utente loggato, per salvare il carrello acquisti, per ricordare anche semplicemente la lingua di navigazione.

Oggi sono dei veri e propri strumenti di marketing che possono essere anche di terze parti, come ad esempio servizi esterni come Google Ads o Facebook che raccolgono informazioni anche mentre navighi su siti diversi.

Si tratta di cookie invadenti che ti seguono tra le pagine e costruiscono un profilo dettagliato su di te utile per mostrarti pubblicità su misura. Ovviamente molti siti chiedono il consenso al trattamento dei cookie ma noi spesso non leggiamo e accettiamo l’uso del tracciamento.

Un altro modo in cui veniamo tracciati online è attraverso i tracker, ovvero script o pixel incorporati nelle pagine web che lavorano insieme ai cookie e che registrano il punto in cui facciamo clic, quanto tempo restiamo su una pagina, e tanti altri comportamenti utili ai web designer e che vengono raccolti anche in tempo reale. Più la compagnia è grande più tracker ci saranno, fino ad arrivare a vere e proprie reti di tracker. 

Un altro metodo più sofisticato consiste nel fingerprinting, ovvero un’impronta digitale che non è possibile cancellare. In pratica, tramite alcune configurazioni come il sistema operativo che utilizzi, i font installati, le estensioni attive, la risoluzione dello schermo, i siti riescono a creare un profilo che identifica con una precisione superiore al 99% quale dispositivo stai utilizzando, il tutto senza alcun tipo di consenso.

Questi dati servono alle aziende per capire le abitudini degli utenti e per personalizzare al massimo la tua esperienza online, in questo modo sarai appagato e potrai completare gli obiettivi del brand con più facilità.

Il concetto di reputazione digitale

Tutti questi dati, una volta raccolti, contribuiscono a costruire una sorta di reputazione online che ti cataloga, ti caratterizza e ti segue in ogni cosa che fai. Non si tratta solo di monitorare i comportamenti degli utenti e predisporre per loro un’esperienza più personale possibile, stare online e fare sia qualcosa di passivo che di attivo crea una reputazione della persona, qualcosa che è molto difficile cancellare.

Online siamo portati ad essere molto più disinibiti, proprio perché tra noi e l’altro si interpone uno schermo che possiamo scegliere di spegnere a nostro piacimento. Psicologicamente tra il nostro vero io e quello che abbiamo costruito online si viene a creare uno sdoppiamento: spesso commentiamo post, scriviamo stati e postiamo immagini che nella vita reale magari saremmo meno portati a condividere, per questo online si viene a creare una persona totalmente diversa.

Oltre ai problemi psicologici creati dall’identità, la persona che diventiamo online spesso prende i sopravvento nella vita reale poiché è proprio quella persone che le aziende cercano di profilare e influenzare.

La reputazione digitale è il riflesso pubblico della nostra identità su Internet. Ogni interazione che sia un commento lasciato su un forum anni fa, una recensione su un ristorante, una condivisione impulsiva su Facebook, contribuisce a costruire un’immagine pubblica di noi.

Questa immagine può essere parziale, sbilanciata, obsoleta… ma è comunque accessibile, leggibile, e spesso indelebile. Anche ciò che non controlliamo direttamente, come articoli che parlano di noi, tag in post altrui o menzioni su siti terzi, entra a far parte del nostro profilo pubblico.

Fortunatamente, esistono strumenti per riappropriarci almeno in parte della nostra immagine digitale. Il Regolamento europeo GDPR riconosce il diritto all’oblio: in certe condizioni, possiamo chiedere la rimozione di contenuti che ci riguardano e non sono più rilevanti, soprattutto se ledono la nostra dignità o sicurezza ma tra limiti burocratici, tempi lunghi e piattaforme non collaborative, esercitare questo diritto non è sempre semplice.

Per questo, prevenire è ancora la forma più efficace di difesa: pensare prima di pubblicare, gestire con attenzione i permessi di visibilità, curare le impostazioni di privacy sui social.

Come proteggere (davvero) la propria privacy online

Non si può cancellare del tutto la nostra presenza online, quello che possiamo fare è attuare pratiche quotidiane che permettano di proteggere la nostra privacy online e per farlo non serve essere degli hacker ma semplicemente mettere in pratica qualche piccolo trucchetto.

Essere più anonimi possibile ci permette di avere accesso a un web più neutro e sul quale prendere le nostre decisioni e muoverci con autonomia senza paura di essere seguiti, monitorati, rintracciati.

Se internet è un mezzo, è giusto voler prendere il controllo e decidere senza essere influenzati da pubblicità cosa comprare, scegliere cosa vedere senza un consiglio da parte dell’algoritmo, selezionare cosa condividere e cosa invece tenere per noi.

Strumenti per navigare in modo anonimo e sicuro

La VPN è uno strumento di privacy e sicurezza online

La navigazione in incognito è il primo strumento utile per navigare in modo anonimo. In realtà la modalità in incognito del browser serve principalmente a non salvare i dati di navigazione localmente, quindi non viene memorizzata la cronologia, non vengono salvate le ricerche e i cookie vengono cancellati alla chiusura della finestra.

È molto utile se stai utilizzando un computer condiviso, o vuoi evitare di far sapere che siti hai visitato, oppure se vuoi fare un test e vedere i risultati di google da una posizione non tracciata. Il provider di internet può comunque vedere cosa sti facendo e i siti che visiti continuano lo stesso a raccogliere dati su di te. Quindi la modalità in incognito protegge più da sguardi indiscreti che dalla rete.

Uno strumento utile è sicuramente la VPN, che permette di proteggere la propria privacy creando un tunnel criptato tra il dispositivo e internet nascondendo l’indirizzo IP reale e criptando i dati inviati e ricevuti. Si tratta di una soluzione più professionale che offusca le connessioni su reti Wi-Fi pubbliche e rende più difficile il tracciamento da parte dei siti web.

Esistono infine dei browser alternativi a Google e Chrome che permettono di avere un tracciamento minore, uno tra tutti Firefox  che offre anche opzioni avanzate di protezione e blocco dei tracker, delle pubblicità invasive e la navigazione anonima. Esistono anche strumenti utili che possono eliminare i fingerprinting come CoverYourTracks.

Buone abitudini digitali per utenti consapevoli

Oltre agli strumenti, il nostro comportamento può aiutarci a rimanere più anonimi possibile e ad avere una vita online più serena. Selezionare bene le app che scarichiamo può essere un inizio: basta scegliere quelle che raccolgono meno informazioni o che utilizzano la crittografia end-to-end che impedisce alle aziende di vedere il contenuto delle comunicazioni. Signal, per la messaggistica, raccoglie poche informazioni. Per navigare sul web c’è Brave Search, Startpage o Kagi.

Altre sane abitudini possono essere:

  • rivedere le impostazioni di privacy sulle piattaforme social, nelle app e nei dispositivi smart esplorando la sezione privacy dell’account;
  • Pubblicare contenuti online con cognizione: prima di condividere informazioni personali come foto o opinioni, meglio farsi due domande prima;
  • Limitare il numero di app e account collegati;
  • Aggiornare i software per bloccare gli attacchi alla privacy

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