Julian Assange e il caso WikiLeaks: la verità come atto politico

La storia di Julian Assange non è solo la biografia di un hacker australiano diventato il whistleblower più famoso del mondo. È, piuttosto, il racconto di come la verità possa trasformarsi in un atto rivoluzionario quando si scontra con i segreti del potere.

Assange è infatti stato scarcerato il 24 giugno 2024 dopo aver raggiunto un patteggiamento con la giustizia statunitense, chiudendo un capitolo durato oltre un decennio che ha ridefinito i confini tra giornalismo, attivismo e sicurezza nazionale. Ma la sua storia non è certo stata archiviata, dimostrando che WikiLeaks non è stata solo una piattaforma tecnologica, ma una rivoluzione culturale che ha democratizzato l’accesso alle informazioni classificate.

Insomma, in un’epoca in cui la trasparenza è diventata un campo di battaglia, la vicenda di Assange rappresenta il punto di non ritorno tra il vecchio mondo dell’informazione controllata e quello nuovo della verità senza filtri.

Chi è Julian Assange: ritratto di un whistleblower globale

Per comprendere meglio qual è stata l’eredità lasciata dal caso di Julian Assange, cominciamo con uno sguardo sul suo profilo, un vero whistleblower globale e, anzi, il più famoso di tutti.

Origini, formazione e prime attività nel mondo hacker

Julian Assange nasce il 3 luglio 1971 a Townsville, in Australia. Durante la sua infanzia e gioventù, in cui si sposta di posto in posto, frequenta numerose diverse scuole: una vita da nomade, che contribuisce evidentemente a forgiare il carattere di un ragazzo che impara presto a non fidarsi delle istituzioni tradizionali e a cercare alternative.

Negli anni ’90 diventa un programmatore di computer e sviluppatore di software, con un talento per l’hacking. Guai, però, a pensare che si tratti dell’hacker malevolo, da film: appartiene invece alla generazione di pionieri informatici che vedevano Internet come uno spazio di libertà assoluta. Per Assange, l’hacking non è infatti una sorta di vandalismo digitale, ma è strumento di conoscenza: penetrare nei sistemi significa capire come funziona davvero il potere.

Dal 2003 al 2006 studia fisica e matematica presso l’Università di Melbourne, con un percorso formativo che rafforza il suo approccio metodico e scientifico all’informazione. Non un giornalista tradizionale che racconta storie, ma uno scienziato che analizza dati per svelare pattern nascosti del potere.

La sua filosofia si forma proprio in questi anni, quando matura la convinzione che l’informazione deve essere libera, poiché solo la trasparenza può garantire democrazia vera.

La fondazione di WikiLeaks e la missione della piattaforma

Nel 2006 fonda wikileaks.org per consentire ai whistleblowers di pubblicare documenti sensibili su Internet senza essere rintracciati. L’idea è effettivamente rivoluzionaria: creare una piattaforma tecnologicamente sicura dove chiunque possa far emergere abusi di potere senza rischiare ritorsioni.

WikiLeaks si candida ben presto a diventare una delle più note organizzazioni internazionale senza scopo di lucro ad essere attiva in questo settore: riceve in modo anonimo, grazie a un contenitore protetto da un potente sistema di cifratura, documenti coperti da segreto, e li svela al mondo.

In particolare, il sito preferisce specializzarsi nella rivelazione di documenti segreti, veicolati da un piccolo e internazionale gruppo di azione, che rende difficile per qualsiasi governo neutralizzare l’intera operazione.

Il profilo pubblico e mediatico: tra eroe e minaccia

Con queste premesse e finalità, Assange diventa rapidamente una figura polarizzante: per i sostenitori è un eroe moderno che rischia tutto per difendere il diritto all’informazione, mentre per i detrattori è un pericoloso anarchico che mette a rischio vite umane e sicurezza nazionale.

Non stupisce, dunque, che grazie a Wikileaks, Assange abbia ricevuto oneri e onori.

Per i primi, citiamo le numerose onorificenze (come la medaglia d’oro per la Pace dalla Fondazione Sydney Peace): è anche stato proposto diverse volte per il Premio Nobel per la pace. Il riconoscimento internazionale conferma che il suo lavoro va oltre l’attivismo, ma è visto come giornalismo di interesse pubblico.

Dall’altra parte, però, ci sono gli oneri. Negli Stati Uniti viene bollato come “nemico pubblico” e ancora oggi la sua immagine pubblica oscilla tra quella del visionario tecnologico e dell’egocentrico narcisista che mette in pericolo agenti e informatori.

L’impatto di WikiLeaks sull’informazione e sulla politica mondiale

Ora che abbiamo compresa la storia di Assange e i primi passi di WikiLeaks, cerchiamo di comprendere quali siano stati gli impatti di questo progetto sull’informazione e sulla politica mondiale attraverso le più grandi rivelazioni.

Le grandi rivelazioni: Cablegate, Iraq, Afghanistan, Guantánamo

In questo percorso, condividiamo come a luglio 2010 il sito WikiLeaks abbia cominciato a pubblicare l’Afghanistan War Diary, una raccolta di 90 mila documenti del governo Usa sulle operazioni militari a Kabul. Pochi mesi dopo, fu la volta di 400 mila file sulla guerra in Iraq, con un ulteriore leak che rappresenta la più grande violazione della sicurezza militare americana nella storia.

Il 5 aprile 2010, durante una conferenza stampa a Washington, WikiLeaks diffonde un video di 17 minuti che mostra l’assassinio di almeno dodici civili iracheni, tra cui due giornalisti della Reuters, in un attacco messo in atto da due elicotteri Apache statunitensi.

Ancora, il 28 novembre dello stesso anno WikiLeaks rende di pubblico dominio oltre 251.000 documenti diplomatici statunitensi, molti dei quali etichettati come “confidenziali” o “segreti”. Il Cablegate svela come funziona davvero la diplomazia americana: corruzione, pressioni, doppie morali.

Tra i 10 milioni di dossier rivelati c’era anche quello sui metodi di tortura dei prigionieri a Guantánamo Bay. Per la prima volta, l’opinione pubblica mondiale ha accesso diretto ai documenti che dimostrano violazioni sistematiche dei diritti umani da parte della superpotenza globale.

Il rapporto controverso con i media tradizionali

Con le sue attività, WikiLeaks ha contribuito a rivoluzionare il rapporto tra le fonti, i giornalisti e il pubblico di riferimento. Invece di passare esclusivamente attraverso i media tradizionali, il progetto pubblica infatti direttamente i documenti originali, permettendo a chiunque di verificare le interpretazioni giornalistiche.

Il sito è curato da giornalisti, attivisti, scienziati, ma comunque i cittadini di ogni parte del mondo sono invitati a inviare materiale tenuto nascosto, con una democratizzazione delle fonti che negli anni ha impattato drasticamente sul mondo dell’informazione tradizionale, che perde il monopolio della mediazione tra potere e cittadini.

Allo stesso tempo, WikiLeaks ha iniziato a collaborare con testate internazionali come Guardian, New York Times, Le Monde per garantire massima diffusione e credibilità alle rivelazioni. È un rapporto sviluppatosi in modo peraltro piuttosto complesso, considerato che i media tradizionali hanno dimostrato di avere bisogno del materiale esclusivo di WikiLeaks, ma temono di essere scavalcati dalla pubblicazione diretta.

Il modello WikiLeaks ha pertanto influenzato in modo profondo il giornalismo investigativo contemporaneo, tanto che oggi molte testate hanno sezioni dedicate ai leak e piattaforme sicure per ricevere documenti anonimi.

Il processo, l’estradizione e la situazione legale nel 2025

Con l’evoluzione sopra tracciata, non è difficile immaginare quali siano stati i problemi attraversati da WikiLeaks e da Assange nella sua storia. Proviamo a riassumere i principali procedimenti legali, cominciando da quelli del 2010.

Cronologia dei procedimenti legali: Svezia, Regno Unito, USA

Nell’agosto del 2010, una donna accusa Assange di aver approfittato del sonno per stuprarla. I due erano a Stoccolma per una conferenza. Ebbene, le accuse sessuali in Svezia si intrecciano subito con quelle politiche, creando un caso giudiziario complesso dove è difficile separare giustizia da geopolitica.

A dicembre l’australiano viene arrestato in Gran Bretagna e poi rilasciato su cauzione. Nel febbraio del 2011 Londra approva la richiesta di estradizione inoltrata dalla Svezia. Inizia così una battaglia legale che durerà anni, con Assange che denuncia il rischio di essere estradato dalla Svezia agli Stati Uniti.

Il 19 giugno 2012 Assange decide però di non presentarsi e chiede, invece, asilo all’Ecuador, che lo accoglie nella sua ambasciata a Londra. Iniziano sette anni di reclusione volontaria in pochi metri quadrati, per una situazione che attira l’attenzione mondiale.

A suo carico vengono intanti presentati 17 capi d’accusa sulla base dell’Espionage Act per avere cospirato per ottenere informazioni classificate poi diffuse online. Altissima la pena a rischio: 175 anni di carcere. L’Espionage Act del 1917, nato per punire spie in tempo di guerra, viene usato per la prima volta contro un giornalista.

Stato attuale della detenzione e delle richieste di estradizione

Il 24 giugno 2024 Assange viene scarcerato in seguito al patteggiamento con la giustizia statunitense. Dopo 1901 giorni nel carcere di massima sicurezza di Belmarsh, raggiunge un accordo che gli permette di tornare libero ammettendo una colpevolezza parziale.

Oltre Assange: trasparenza, diritti e il futuro dell’informazione

Parlare di Assange è naturalmente l’occasione giusta per spendere alcune parole su temi come la trasparenza, i diritti e il futuro dell’informazione in questo contesto di digitalizzazione.

Il giornalismo d’inchiesta nell’era della sorveglianza digitale

Il caso WikiLeaks, infatti, ha dimostrato come la tecnologia possa democratizzare l’accesso alle informazioni, ma anche come i governi possano usare la stessa tecnologia per sorvegliare e perseguire giornalisti e fonti.

Per alcuni opinionisti, oggi i giornalisti devono contemporaneamente essere hacker, crittografi, avvocati e diplomatici insieme. Insomma, non basta più saper scrivere: serve padroneggiare tecnologie di sicurezza per proteggere fonti e documenti. WikiLeaks ha alzato l’asticella professionale dell’intera categoria.

Il diritto all’informazione vs la sicurezza nazionale

Il caso WikiLeaks ha fornito all’opinione pubblica un dibattito molto interessante sul fatto che invece di perseguire chi rivela i crimini, bisogna perseguire chi li commette.

Effettivamente, più volte nel recente passato il concetto di “sicurezza nazionale” è stato alimentato come un pretesto universale per nascondere gli abusi di potere. WikiLeaks ha di fatto dimostrato che spesso ciò che viene classificato come “segreto per la sicurezza nazionale” serve solo a proteggere l’imbarazzo politico di governi e militari.

La vera sicurezza democratica nasce dunque dalla trasparenza, non dal segreto: i cittadini informati possono controllare i propri governi e impedire derive autoritarie, mentre il segreto sistematico, di contro, rischia di favorire corruzione e abusi.

Che cosa resta oggi dell’eredità di WikiLeaks?

WikiLeaks riceve, in genere, documenti di carattere governativo o aziendale da fonti coperte dall’anonimato e da whistleblower. Il modello continua a funzionare anche senza Assange: la piattaforma ha ifnatti creato un precedente che altri stanno seguendo.

Per certi versi, l’eredità più importante di WikiLeaks non sono tanto i singoli documenti pubblicati, bensì l’idea che la trasparenza radicale sia possibile e necessaria. WikiLeaks ha infatti ispirato una generazione di whistleblower, da Edward Snowden a Chelsea Manning, dimostrando che anche i segreti più protetti possono essere rivelati.

Certo, il prezzo pagato da Assange – oltre un decennio di libertà limitata – testimonia quanto questo modello spaventi il potere costituito. Ma la sua liberazione nel 2024 e il riconoscimento internazionale come prigioniero politico dimostrano che l’idea di trasparenza democratica abbia vinto, premiando WikiLeaks come progetto in grado di cambiare per sempre il rapporto tra cittadini e istituzioni, e rendendo impossibile tornare al mondo pre-digitale dei segreti inviolabili.

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