Blockchain e Bitcoin: storia, funzionamento e scenari futuri

Bitcoin e blockchain sono parole sempre più diffuse nel contesto quotidiano, anche se spesso vengono spiegate ai neofiti in modo troppo tecnico o troppo superficiale.

La verità è che stiamo parlando di una delle innovazioni più dirompenti degli ultimi vent’anni, che ha il potenziale di ridefinire come pensiamo al denaro, ai contratti e alla fiducia digitale.

Non si tratta, peraltro, solo di investimenti o di speculazione. La blockchain rappresenta infatti un nuovo approccio strategico per organizzare informazioni e valore senza dover dipendere da intermediari centrali, e anche se non si vuole diventare esperti di crittografia, riteniamo sia comunque molto importante afferrare i concetti chiave e le implicazioni business di questa tecnologia che sta maturando rapidamente.

Cerchiamo di fare un po’ di chiarezza!

Le origini del Bitcoin e la nascita della blockchain

Per saperne di più, non possiamo che esordire con le origini del Bitcoin e con la nascita della blockchain, due eventi che – come vedremo – sono fortemente connessi.

Il white paper di Satoshi Nakamoto e il contesto post-crisi 2008

È il 31 ottobre 2008 e, mentre il mondo finanziario crollava e le banche centrali stampavano denaro per salvare istituzioni “troppo grandi per fallire“, una persona misteriosa chiamata Satoshi Nakamoto pubblicò un documento di 9 pagine che avrebbe cambiato tutto: “Bitcoin: A Peer-to-Peer Electronic Cash System”.

Il timing non era certo casuale. La crisi finanziaria aveva infatti mostrato i limiti del sistema bancario tradizionale: intermediari che potevano fallire, governi che stampavano denaro inflazionando i risparmi, transazioni che richiedevano giorni per essere processate. Nakamoto propose qualcosa di rivoluzionario: un sistema di pagamento digitale che funzionasse senza banche, senza governi, senza nessuna autorità centrale.

L’idea non era però nuova in assoluto. Dai cypherpunk degli anni ’90 arrivavano esperimenti come DigiCash e Hashcash, ma tutti avevano fallito sul problema del “doppio spending”. Ovvero, come impedire che qualcuno spenda due volte la stessa moneta digitale senza un’autorità che controlli?

Nakamoto risolse questo problema con un’idea geniale: invece di una singola autorità, far controllare tutto a una rete di computer che si mettono d’accordo su quale sia la versione “vera” della storia.

Bitcoin come alternativa decentralizzata alla finanza tradizionale

Bitcoin non nacque per diventare un investimento speculativo, ma come alternativa concreta al sistema finanziario esistente. L’idea era semplice ma attraente ed efficace: creare denaro digitale che nessuno potesse controllare, confiscare o inflazionare arbitrariamente.

Le caratteristiche della proposta erano davvero rivoluzionarie: un’offerta limitata a 21 milioni di coin (contro la stampa illimitata delle valute tradizionali), transazioni irreversibili (niente storni arbitrari), pseudonimato (privacy senza anonimato totale), e soprattutto resistenza alla censura. Nessun governo, banca o corporation poteva spegnere Bitcoin.

Nei primi anni, Bitcoin attrasse principalmente idealisti e tecnologi che condividevano la visione di un sistema finanziario più aperto e democratico. Le prime transazioni erano per acquisti online, donazioni a WikiLeaks (quando fu esclusa dal sistema bancario), e come esperimento tecnologico. Il famoso acquisto di due pizze per 10.000 bitcoin nel 2010 dimostrò che il sistema funzionava davvero.

I primi anni della blockchain: mining, wallet, ideologia cypherpunk

La community iniziale di Bitcoin era peraltro profondamente influenzata dall’ideologia cypherpunk: crittografia forte come strumento di libertà individuale, codice come forma di discorso politico, privacy come diritto fondamentale. Valori che si riflettevano nella cultura del mining e nello sviluppo open source.

Il mining iniziò inoltre come attività da hobbysti: bastava un computer normale per contribuire alla sicurezza della rete e guadagnare bitcoin. I wallet erano software semplici che gestivano chiavi crittografiche, spesso installati su computer personali. L’intera operazione aveva un sapore underground, di comunità che sperimentava con tecnologie di frontiera.

Man mano che Bitcoin cresceva, emergevano le prime sfide: la scalabilità (poche transazioni al secondo), la volatilità dei prezzi, l’usabilità complessa per utenti non tecnici. Ma la base tecnologica teneva, dimostrando che un sistema monetario decentralizzato poteva funzionare davvero.

Come funziona la blockchain (spiegato in modo semplice)

Ma come funziona esattamente la blockchain?

Per renderlo facilmente comprensibile a tutti, abbiamo realizzato una mini guida davvero semplice.

Concetti base: blocchi, hash, proof-of-work

Cominciamo dai concetti base più importanti. E, per comprenderli, immagina la blockchain come un libro contabile digitale condiviso, dove ogni pagina è un “blocco” che contiene un elenco di transazioni. Ogni blocco è collegato al precedente attraverso un “hash” – una sorta di impronta digitale matematica unica che riassume tutto il contenuto del blocco.

L’hash è fondamentale: se anche solo una lettera cambia in un blocco, l’hash diventa completamente diverso. Significa, in altri termini, che non puoi modificare transazioni passate senza che tutti se ne accorgano immediatamente. Insomma, è per certi versi come avere un sistema di sigilli inviolabili per ogni pagina del libro contabile.

Ma chi decide quali transazioni includere nei nuovi blocchi? Ebbene, è qui che entra in gioco il “proofofwork“: i computer della rete (chiamati miner) competono per risolvere un puzzle matematico complesso. Chi lo risolve per primo ottiene il diritto di aggiungere il blocco successivo e riceve una ricompensa in bitcoin. È un po’ come una lotteria dove più potenza di calcolo hai, più biglietti possiedi.

La competizione che si viene così a creare serve a due scopi: da una parte distribuisce il potere decisionale (non c’è un’autorità centrale), e dall’altro rende costoso attaccare la rete (dovresti controllare più del 50% della potenza di calcolo globale, cosa enormemente costosa).

Cosa garantisce la sicurezza e l’immutabilità del registro

La sicurezza della blockchain deriva da tre fattori combinati: crittografia, decentralizzazione e incentivi economici. Ogni transazione è firmata digitalmente con chiavi crittografiche quasi impossibili da falsificare. Il fatto che la rete sia distribuita su migliaia di computer in tutto il mondo, equivale ad ammettere che non esiste un singolo punto di fallimento.

Gli incentivi economici sono evidentemente fondamentali in tale ambito: i miner vengono infatti pagati per mantenere la rete sicura, ma perderebbero tutti i loro investimenti se la rete venisse compromessa. È un sistema dove fare la cosa giusta conviene economicamente più che barare.

Per quanto invece riguarda i termini di immutabilità, la stessa nasce dal fatto che ogni blocco fa riferimento al precedente. Per cambiare una transazione passata, dovresti ricalcolare tutti i blocchi successivi, operazione che richiede più potenza di calcolo di quella che il resto della rete può mobilitare. È matematicamente possibile ma economicamente irrazionale.

Differenze tra blockchain pubbliche, private e permissioned

Le blockchain pubbliche come Bitcoin ed Ethereum sono completamente aperte: chiunque può partecipare, vedere le transazioni, e contribuire alla rete. Sono le più decentralizzate ma anche le più lente, perché richiedono consenso globale.

Le blockchain private sono invece controllate da una singola organizzazione, come un database distribuito interno a un’azienda. Sono veloci ed efficienti, ma sacrificano la decentralizzazione: sono dunque più utili soprattutto in casi d’uso aziendali dove la fiducia esiste già tra i partecipanti.

Le blockchain permissioned sono una sorta di via di mezzo: aperte a partecipanti selezionati che devono essere autorizzati. Tipiche di consorzi bancari o supply chain dove serve tracciabilità tra partner fidati ma non completa apertura pubblica.

L’evoluzione degli ecosistemi blockchain

A questo punto, possiamo dedicarci nel condividere con tutti i nostri lettori alcune previsioni su come potrebbero evolversi gli ecosistemi blockchain nel prossimo futuro.

Ethereum e la nascita degli smart contract

Se Bitcoin è oro digitale, Ethereum è una sorta di computer mondiale. Lanciato nel 2015 da Vitalik Buterin, Ethereum introdusse il concetto di “smart contract”. Ovvero, programmi che girano sulla blockchain e si eseguono automaticamente quando si verificano determinate condizioni.

Gli smart contract trasformarono blockchain da sistema di pagamento a piattaforma di calcolo distribuito. Improvvisamente potevi creare applicazioni decentralizzate (dApp) che funzionavano senza server centrali: exchange decentralizzati, sistemi di prestito automatizzati, organizzazioni autonome governate da codice.

L’innovazione chiave era l’Ethereum Virtual Machine (EVM), un computer virtuale che gira su migliaia di nodi e garantisce che tutti eseguano lo stesso codice con gli stessi risultati: come avere la disponibilità di un supercomputer globale programmabile che nessuno può spegnere o censurare!

DeFi, NFT, DAO: applicazioni che hanno ampliato l’uso della tecnologia

La DeFi (Finanza Decentralizzata) esplose nel 2020 ricreando servizi finanziari tradizionali senza banche: prestiti senza credit check (ma con collaterale crypto), exchange senza KYC, assicurazioni automatiche. Protocolli come Uniswap, Compound e Aave gestiscono miliardi di dollari operando completamente su smart contract.

Gli NFT (Non-Fungible Token) democratizzarono la proprietà digitale. Artisti potevano vendere opere digitali direttamente ai collezionisti, gamer possedevano davvero i loro oggetti virtuali, creators monetizzavano contenuti senza intermediari. Oltre l’hype speculativo, gli NFT rappresentano un nuovo modello di proprietà intellettuale digitale.

Le DAO (Organizzazioni Autonome Decentralizzate) sperimentano governance senza CEO. Decisioni prese da token holder tramite voto, tesorerie gestite da smart contract, operazioni coordinate da incentivi economici invece che da gerarchia. È management by code invece che by committee.

Layer 2, rollup e scalabilità: come si sta risolvendo il problema della velocità

Ricostruendo quanto avvenuto, condividiamo anche che il successo di Ethereum creò un problema: troppa domanda per troppo poca capacità. Le commissioni esplosero e le transazioni rallentarono. Ma invece di arrendersi, la community sviluppò soluzioni innovative come i Layer 2.

I Layer 2 sono blockchain separate che si appoggiano a Ethereum per la sicurezza finale ma processano transazioni molto più velocemente. Polygon, Arbitrum e Optimism permettono ad esempio migliaia di transazioni al secondo con commissioni di centesimi, mantenendo la sicurezza di Ethereum.

Un alto strumento adottato è quello dei rollup, che raggruppano centinaia di transazioni in una sola che viene registrata su Ethereum. Insomma, è come inviare un riassunto invece di ogni singolo dettaglio, ma con prove crittografiche che garantiscono che il riassunto sia corretto.

La sfida della regolamentazione

Come era intuibile, una simile evoluzione ha posto i progetti criptovalutari e di blockchain dinanzi alle sfide della regolamentazione. Proviamo a comprendere come risolverle, partendo dalla MiCA.

Normative UE (MiCA) e impatti globali sul mercato crypto

Il Markets in Crypto-Assets (MiCA) regulation europeo, entrato in vigore nel 2024, rappresenta il primo framework normativo completo per crypto in una grande economia. L’approccio è pragmatico: riconoscere crypto come asset legittimi ma con regole chiare per proteggere investitori e prevenire abusi.

La MiCA introduce licenze per crypto service provider, requisiti di capitale per stablecoin issuer, disclosure obbligatorie per progetti crypto. Non vieta nulla, ma richiede trasparenza e responsabilità. L’impatto globale è significativo: essendo l’UE un mercato enorme, gli standard MiCA diventano di fatto standard globali.

KYC, antiriciclaggio e tracciabilità: cosa cambia per utenti e sviluppatori

Il mito che crypto sia completamente anonimo è falso. Le blockchain pubbliche sono infatti, piuttosto, pseudonime: ogni transazione è visibile ma collegata a indirizzi invece che a nomi reali. Tuttavia, quando converti crypto in denaro tradizionale, devi passare per exchange regolamentati che applicano KYC.

I nuovi regolamenti estendono i requisiti di identificazione: travel rule per transazioni sopra certe soglie, registri di wallet provider, collaborazione con autorità fiscali. Insomma, il crypto è trattato come qualsiasi altro asset finanziario.

Per gli sviluppatori i cambiamenti non sono certo irrilevanti: serve compliance by design, audit di smart contract, geoblocking per giurisdizioni non supportate. In fondo, però, già si capisce come l’equilibrio finale sarà tra innovation e protection: preservare i benefici di decentralizzazione e permissionless innovation mentre si prevengono abusi e si proteggono utenti meno sofisticati. Non è facile, ma è il prezzo della mass adoption.

Lascia un commento