Michel Bauwens: cooperazione, P2P e nuove economie per il XXI secolo

Michel Bauwens, scrittore e relatore belga, esperto di temi come la tecnologia, la cultura e l’innovazione aziendale, è certamente una delle voci contemporanee più importanti nella teoria e nella divulgazione applicata alle economie alternative e alle trasformazioni della società.

Ideatore dell’organizzazione globale di ricercatori P2P Foundation, ha dedicato la sua carriera universitaria allo studio delle dinamiche peer-to-peer e alla promozione di modelli economici basati sui beni comuni.

Un approccio che è spesso stato riassunto come critico del sistema capitalistico tradizionale, ma che è in realtà il frutto di una visione più complessa e propositiva, con introduzione di alternative concrete e praticabili che, peraltro, hanno trovato spazio in diversi contesti internazionali.

Le teorie di Michel Bauwens e del paradigma P2P

Per comprendere meglio quali siano i contributi di Bauwens alla trasformazione sociale in atto, è sicuramente utile partire dalle basi: il suo paradigma P2P parte infatti dal principio fondamentale che per tutti gli individui e le comunità è possibile collaborare in modo diretto, senza intermediari centralizzati, potendo così creare più valore da condividere.

Una visione che è evidentemente un’alternativa chiara e netta ai modelli gerarchici tradizionali, capitalisti o socialisti, proponendo delle forme di organizzazione orizzontale che valorizzano meglio l’autonomia e la partecipazione diretta delle risorse.

Commons-based peer production

La prima delle più note teorie di Bawens è relativa alla commons-based peer production o, più semplicemente, sulla produzione basata sui beni comuni.

Il modello è distinto dalla tipica produzione capitalistica per l’assenza di una proprietà privata esclusiva sui mezzi di produzione e sui risultati del lavoro collaborativo. In altri termini, i partecipanti sono liberi di contribuire secondo le proprie capacità, aspirazioni e motivazioni, mentre i frutti del lavoro collettivo rimangono accessibili a tutta la comunità.

Numerosi sono i progetti che si basano sul common-based e che oggi è possibile guardare e utilizzare. A titolo di esempio, possiamo citare iniziative come Wikipedia e Linux, che dimostrano come il lavoro di migliaia di contributori a livello mondiale sia coordinabile in modo spontaneo per creare dei prodotti di alta qualità, comparabili o superiori a quelli prodotti da alternative proprietarie.

Affinché un simile modello abbia successo, per Bauwens è fondamentale che sussistano tre requisiti di base:

1) l’esistenza di una risorsa comune che deve essere protetta o sviluppata

2) una comunità di produttori motivati

3) un sistema di governance che garantisca l’accesso equo alle risorse comuni.

È dalla corretta integrazione a di questi elementi che è possibile creare una positiva dinamica in grado di auto-organizzarsi e generare innovazione e valore in modo più efficiente e sostenibile rispetto a quanto in uso nei modelli di mercato tradizionali.

Critica al modello capitalistico e centralizzato

Il secondo pilastro su cui si basano le valutazioni di Bauwens è relativo alla critica al modello capitalistico contemporaneo. Secondo lo studioso, infatti, il capitalismo sarebbe affetto da una sorta di contraddizione fondamentale: man mano che la produzione diventa sempre più collaborativa e interconnessa, i meccanismi di approvazione del valore rimangono basati sulla proprietà privata ed esclusiva.

Per Bauwens questa contraddizione è alla base del c.d. estrattivismo digitale, un fenomeno per cui le grandi piattaforme tecnologiche catturano e monetizzano il valore creato collettivamente dagli utenti. Esempi di questa dinamica sono Facebook, Google e Amazon: accumulano enormi profitti grazie ai dati e ai contenuti generati gratuitamente da miliardi di persone, ma senza redistribuire equamente i benefici economici.

Non solo. Sempre secondo le teorie di Bauwens, il modello centralizzato, come sopra inquadrato, presenta diversi problemi ulteriori. Per esempio, il fatto che il potere economico sia concentrato in poche mani può generare delle vulnerabilità di sistema, cosa che è stata peraltro ben dimostrata dalle diverse crisi finanziarie che si sono succedute nel tempo, e dall’incapacità di affrontare in modo efficace delle sfide globali come il cambiamento climatico.

Ruolo delle community e delle infrastrutture condivise

Già da queste righe dovrebbe essere piuttosto chiaro come secondo Bauwens uno dei punti di forza del proprio paradigma P2P sia rappresentato dalla centralità delle community, intese non tanto come aggregazioni casuali di individui, bensì come formazioni sociali che possono strutturarsi intorno a obiettivi comuni e valori condivisi.

Se mosse da tali elementi di base, le comunità possono sviluppare al proprio interno delle forme di governance, dei sistemi di reputazione e dei meccanismi di coordinamento che consentono la collaborazione su larga scala e il raggiungimento di obiettivi condivisi.

Naturalmente, affinché la collaborazione si realizzi negli auspici sopra delineati, è fondamentale verificare la presenza di un altro ingranaggio: le infrastrutture condivise, ovvero il substrato materiale e tecnologico che rende realmente possibile la cooperazione P2P nei termini evidenziati da Bauwens.

Più nel dettaglio, lo studioso ha teorizzato tre diversi livelli di infrastrutture:

  1. fisiche (spazi di coworking, fablab, reti di trasporto pubbliche)
  2. digitali (piattaforme open source, protocolli aperti, reti di comunicazione)
  3. sociali (sistemi educativi, istituzioni culturali, reti di solidarietà).

Quanto siano importanti tali infrastrutture lo possiamo facilmente intuire da numerosi esempi quotidiani. Si pensi a quanto avviene con il software libero: è solo la disponibilità di linguaggi di programmazione aperti, librerie condivise e piattaforme di sviluppo collaborative che ha reso possibile l’emergere di tanti progetti innovativi che, altrimenti, non avrebbero potuto vedere la luce in un ambiente proprietario.

Esempi attuali di economie basate sui commons

Come abbiamo anticipato qualche riga fa, la migrazione verso economie basate sui commons, come auspicato da Bauwens, avviene non solo sul piano teorico, bensì anche su quello pratico. Non è certamente un caso che in tutto il mondo stiano emergendo iniziative che incarnano i principi del paradigma P2P.

Facciamo qualche esempio.

Open source e cooperative digitali

Il primo caso di esempio maturo e consolidato di economia basata sui commons è il movimento open source: Apache, Mozilla e Drupal sono solamente alcune delle fattispecie che hanno dimostrato come la collaborazione volontaria possa produrre software di alta qualità utilizzati da milioni di persone e organizzazioni in tutto il mondo. I loro progetti operano in modo completamente diverso dall’industria software proprietaria, privilegiando l’applicazione di principi di trasparenza, condivisione della conoscenza e governance partecipativa.

Un altro esempio è poi costituito dalle cooperative digitali, che hanno introdotto degli elementi di sostenibilità economica e di governance democratica al proprio funzionamento e a quello open source. Sul web non è difficile trovare degli esempi in questo ambito, come Stocksy (una cooperativa di fotografi) o Resonate (una piattaforma musicale cooperativa). Pur molto diverse tra di loro, queste piattaforme sono contraddistinte da modelli concreti e sostenibili di integrazione dei vantaggi della tecnologia digitale con i principi della democrazia economica. I loro membri posseggono infatti collettivamente la piattaforma, partecipano alle decisioni strategiche e condividono i profitti generati, eliminando molte delle problematiche degli strumenti capitalistici.

Monete complementari e modelli mutualistici

Come ulteriore esempio è poi facile citare l’introduzione sul mercato delle monete complementari, a sua volta asset strumentale al sostegno delle economie basate sui commons: si tratta infatti di sistemi monetari alternativi che possono facilitare gli scambi all’interno di specifiche comunità, mantenendo il valore economico a livello locale e riducendo così la dipendenza dal sistema monetario tradizionale, come avviene con i sistemi LETS (Local Exchange Trading Systems), con le banche del tempo e con le community crypto.

In merito, il Community Exchange System (CES) è certamente una delle reti di monete complementari di maggiore sviluppo a livello globale, con la partecipazione di centinaia di comunità: in esse gli utenti riescono a scambiare beni e servizi usando unità di conto alternative e creando circuiti economici più inclusivi e privi di ogni barriera.

I modelli mutualistici riescono invece a estendere il principio della reciprocità al di là degli scambi monetari: permettono infatti di creare delle reti di sostegno che coprono diversi aspetti della vita sociale, dai gruppi di acquisto solidale alle banche etiche.

DAO, governance distribuita e piattaforme civiche

Un altro interessante esempio è costituito dalle DAO, o Organizzazioni Autonome Decentralizzate: sono infatti delle piattaforme che, usando la tecnologia blockchain, permettono di creare organizzazioni completamente digitali, governate da smart contract e da decisioni collettive (si pensi a MakerDAO o, ancora, a Uniswap).

Un simile esempio di governance distribuita permette di includere tutti i sistemi che consentono la partecipazione diretta dei cittadini ai processi decisionali, facilitando peraltro la realizzazione di progetti partecipativi ad ampia e ampissima scala.

Perché il P2P è ancora attuale nel 2025

A questo punto del nostro approfondimento, possiamo ben domandarci se – e come – il P2P sia ancora attuale nel 2025.

La risposta alla prima domanda è certamente positiva: riteniamo infatti che il P2P possa offrire ancora oggi (e soprattutto oggi) delle risposte pratiche e concrete alle crisi di sistema che da tempo stanno caratterizzando lo scenario contemporaneo in cui si muovono cittadini, imprese e istituzioni.

I modelli economici tradizionali stanno infatti mostrando dei segnali crescenti di inadeguatezza, mentre le alternative basate sui principi P2P stanno dimostrando una grande resilienza, potendosi adattare a un contesto sempre più mutevole ed essendo così funzionali per affrontare ogni sfida.

Risposta alle crisi sistemiche

Le crisi sistemiche degli ultimi decenni hanno dimostrato la necessità di un approccio molto diverso da quello che è stato in auge nell’epoca precedente.

Su tutti, è la crisi climatica il grande evento che ha evidenziato tutti i limiti dei modelli economici basati sulla crescita infinita e sul ricorso alle estrazioni, aprendo invece le porte alle alternative dell’approccio P2P, basate su circolarità, condivisione delle risorse e riduzione dell’impatto ambientale.

I modelli P2P hanno dimostrato la loro validità non solamente nel diminuire l’impatto ambientale, come auspicato, quanto anche nel creare legami sociali più forti e comunità più resilienti dinanzi agli imprevisti.

Innovazione territoriale e pubblica amministrazione

Altro grande tema su cui si può dibattere è l’applicazione dei principi P2P all’innovazione territoriale e, dunque, all’impatto che i principi stanno avendo nel disciplinare e accompagnare il rapporto tra i cittadini e le amministrazioni pubbliche.

Il concetto stesso di città collaborative è in corso di rapida diffusione, con le amministrazioni locali che stanno sperimentando positivamente forme di progettazione e gestione collaborativa dei servizi pubblici.

Tra i protagonisti di questa evoluzione ci sono i laboratori di innovazione pubblica, che stanno adottando metodologie open source per sviluppare nuove politiche pubbliche con condivisione di codici, dati e metodologie tra diverse amministrazioni, ad accelerazione dell’innovazione e con riduzione dei costi di sviluppo.

Sfide e opportunità per la scalabilità del modello

Concludiamo infine il nostro approfondimento con alcuni spunti sul futuro del modello e sugli ostacoli che potrebbero impedirne o rallentarne la scalabilità.

Prima di tutto, è evidente che la sfida principale sia costituita dalla necessità di creare delle strutture di supporto, a livello sistemico, che riguardino aspetti normativi, tecnologici e culturali. La storia recente ci ha infatti insegnato come molte iniziative P2P siano confinate in nicchie specifiche a causa dell’assenza di quadri normativi adeguati e infrastrutture di supporto. Creare ecosistemi favorevoli al P2P richiede evidentemente un buon coordinamento tra diversi operatori e investimenti significativi.

Tra gli altri ostacoli, citiamo sicuramente il bisogno di creare e sviluppare protocolli condivisi e standard aperti che facilitino l’interoperabilità, così come la cura dei processi di formazione e di educazione che possano avvicinare a tale approccio il maggior numero di persone e organizzatori.

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