ROI dei social media: come misurare davvero il valore delle tue campagne

Il ROI sui social media è l’obiettivo ricorrente di tutti i gestori delle campagne di marketing. Tuttavia, pochi riescono a padroneggiare correttamente questa metrica e, di conseguenza, a rispondere con correttezza alla domanda: “Ma quanto rendono gli investimenti sui social media?”.

Il riscontro a questa istanza non è effettivamente immediato. E il problema non è certo il fatto che i social media non generino valore (anzi), bensì che il loro valore si manifesta in modi complessi e spesso indiretti.

Per esempio, una persona può vedere il tuo post su Instagram, parlarne con un amico, che poi va sul tuo sito e compra il giorno dopo. Come attribuisci quella vendita? Al post, al passaparola, o al sito web?

Ebbene, è proprio questo il motivo per cui molte aziende rinunciano a misurare il ROI social o si accontentano di metriche come i like. In verità, come vedremo, c’è un modo migliore: certo, servono gli strumenti giusti, le metriche corrette e soprattutto una mentalità strategica che veda il ROI come un indicatore per migliorare, e non come un giudizio finale, ma – credici – ne vale la pena.

Ecco perché in questa guida vedremo insieme come superare le difficoltà di misurazione, quali metriche monitorare davvero, e come impostare un sistema di tracciamento che funzioni per la tua realtà aziendale.

Perché è difficile misurare il ROI sui social media

Cominciamo dagli aspetti negativi: per quali motivi è così difficile misurare il ROI sui social media? E che cosa possiamo fare per correggere il tiro?

Obiettivi di branding e performance richiedono metriche diverse

Il primo ostacolo nella misurazione del ROI social è che spesso mescoliamo cose diverse in un unico paniere. Una campagna di brand awareness ha infatti obiettivi completamente diversi da una campagna performance… eppure tendiamo a giudicarle con le stesse metriche.

Per esempio, se il tuo obiettivo è far conoscere il brand, il successo si può misurare in reach, impression, sentiment e ricordi spontanei. Metriche che difficilmente si traducono direttamente in euro. Se invece punti alle conversioni immediate, allora CTR, CPA e ROAS diventano fondamentali.

Il problema, piuttosto, sorge quando pretendi conversioni immediate da contenuti pensati per fare branding, o quando giudichi campagne di awareness solo sui like ricevuti. È un po’ come valutare un film d’autore con i criteri di un blockbuster: ebbene, non ha senso.

La soluzione è invece quella di definire chiaramente cosa vuoi ottenere prima di lanciare qualsiasi campagna. Stabilisci pertanto se il tuo obiettivo è la brand awareness o la lead generation, se sono le vendite dirette o la customer retention, tenendo a mente che ogni obiettivo ha le sue metriche specifiche e i suoi tempi di manifestazione.

I limiti dell’attribuzione e la complessità dei funnel digitali

Una volta stabilite le metriche da calcolare, occorre procedere all’attribuzione, una sorta di tallone d’Achille del marketing digitale.

Il customer journey moderno è infatti un percorso frammentato che attraversa dispositivi, piattaforme e touchpoint diversi. Per esempio, una persona oggi può scoprirti su TikTok, ricercarti su Google, visitare il tuo sito da desktop, abbandonare il carrello, tornare da mobile dopo aver visto una tua Storia su Instagram, e infine acquistare. Complesso, no?

È anche per questo motivo che i modelli di attribuzione tradizionali (first-click, last-click) sono obsoleti: ignorano la complessità di questo percorso. Il last-click attribuirà tutto il merito alla ricerca Google, ma senza TikTok quella persona non ti avrebbe mai conosciuto.

Anche i modelli più sofisticati hanno limiti. L’attribuzione multi-touch prova infatti a distribuire il merito tra tutti i touchpoint, ma spesso finisce per essere più arte che scienza. I cookie di terze parti stanno scomparendo, iOS ha limitato il tracking, e le piattaforme social forniscono dati sempre più parziali.

Ma qual è la conclusione di tutto ciò? Semplicemente, che non esiste un’attribuzione perfetta. Ma questo non significa che devi arrenderti, anzi: quello che puoi fare è utilizzare modelli diversi per avere prospettive complementari, accettare un certo margine di incertezza, e concentrarti sui trend piuttosto che sui numeri assoluti.

Le metriche che contano davvero

A questo punto abbiamo l’interessante possibilità di comprendere quali siano le metriche che contano davvero e come potersi interfacciare con loro al fine di catturare un insieme di indicatori da monitorare e interpretare con la giusta consapevolezza.

Metriche quantitative: CTR, conversioni, ROAS, CPA

Cominciamo dalle metriche quantitative, che sono il pane quotidiano del ROI social. Sono concrete, misurabili, e direttamente collegabili ai risultati di business.

La prima è il Click-Through Rate (CTR), che ci dice quanto i tuoi contenuti siano convincenti. Un CTR alto significa che stai intercettando l’interesse del tuo pubblico. Ma attenzione: se infatti un CTR del 2% su Facebook può sembrare ottimo, su Google Ads non lo è altrettanto, perché ogni piattaforma ha i suoi benchmark.

Un’altra metrica su cui concentrare la propria attenzione sono le conversioni, che sono poi il vero obiettivo finale di ogni campagna, a patto di definire cosa conta come conversione per il tuo business, e cosa no. La conversione può ad esempio essere una vendita, un download, un’iscrizione alla newsletter, o anche solo il tempo speso sul sito. L’importante è che sia un’azione che porta valore reale per te.

Passiamo poi a monitorare anche il Return on Ad Spend (ROAS), ovvero il rapporto tra ricavi generati e costi pubblicitari. In altri termini, se spendi 100 euro e generi 300 euro di vendite, il tuo ROAS è 3:1. L’indicatore è semplice da calcolare, ma con una coda velenosa: ricorda che non considera i costi indiretti (personale, strumenti, tempo).

Infine, il Cost per Acquisition (CPA), che ti dice quanto spendi per acquisire un nuovo cliente. È fondamentale confrontarlo con il Customer Lifetime Value (CLV) al fine di comprendere se l’investimento è sostenibile. Un CPA di 50 euro è ottimo se il CLV è 500 euro, sicuramente negativo se è invece di 60 euro.

Metriche qualitative: sentiment, UGC, brand awareness

Oltre metriche quantitative, occorre dedicare la propria attenzione anche quelle qualitative, sebbene siano più difficili da misurare (ma spesso più importanti per il successo a lungo termine): rappresentano infatti la salute del tuo brand e la qualità della relazione con i clienti.

La prima metrica su cui consigliamo di soffermarsi è il sentiment, che misura come le persone parlano del tuo brand online. In tal senso, non basta contare le menzioni, ma serve capire se sono positive, negative o neutre. Un aumento delle menzioni con sentiment negativo è un campanello d’allarme, non un successo.

Un’altra metrica che citiamo volentieri è lo User Generated Content (UGC): quando i clienti creano contenuti spontanei su di te, significa che hai superato la soglia dell’indifferenza. È pubblicità gratuita e incredibilmente autentica. Traccia non solo la quantità ma anche la qualità di questi contenuti.

Infine, la brand awareness, che è forse la metrica più importante e difficile da misurare. Include il ricordo spontaneo e assistito del brand, la consideration, e la preference. Richiede ricerche di mercato periodiche o tool specializzati, ma ti dice se stai davvero costruendo un brand forte.

Naturalmente, esistono anche altre metriche qualitative molto importanti, la cui valutazione dipende dal singolo progetto: si pensi alla share of voice (quanto si parla di te rispetto ai competitor), all’engagement rate (non solo like, ma commenti e condivisioni meaningful), e alla crescita organica della community.

Un metodo semplice per calcolare il ROI

Forti di questa base teorica, valutiamo insieme come applicare un metodo molto semplice per calcolare efficacemente il ROI.

La formula base per calcolare il ritorno sull’investimento

Il ROI si calcola con una formula abbastanza facile da tenere a mente:

(Guadagno – Investimento) / Investimento × 100

Ovvero, se investi 1000 euro e generi 1500 euro di ricavi, il ROI è del 50%. Il problema è definire cosa includere in “investimento” e “guadagno”.

Di fatto, nell’investimento devi considerare non solo i costi pubblicitari, ma anche il tempo del personale, i tool utilizzati, i costi di produzione dei contenuti, e eventuali collaborazioni con influencer o agenzie. Un post apparentemente “gratuito” può infatti costare ore di lavoro di un social media manager.

Nel guadagno devi invece essere il più realistico possibile nell’attribuzione. Se usi un modello di attribuzione last-click e una vendita arriva tramite ricerca diretta, non attribuirla completamente ai social se quella persona ti ha scoperto tramite Instagram. Usa invece dei coefficienti di attribuzione basati sui dati storici.

Per semplificare, puoi calcolare tre tipologie di ROI:

  • ROI diretto: considera solo i costi pubblicitari e le conversioni direttamente attribuibili
  • ROI completo: include tutti i costi (personale, tool, produzione) e usa attribuzione multi-touch
  • ROI incrementale: confronta i risultati con e senza social media per isolare il contributo specifico

Come impostare il tracciamento in modo efficace

Facciamo ora un piccolo passo in avanti per cercare di capire come impostare il tracciamento in modo realmente efficace.

Definizione degli obiettivi SMART per ogni campagna

Prima di impostare qualsiasi tracking, devi avere obiettivi chiari e misurabili. Gli obiettivi SMART (Specific, Measurable, Achievable, Relevant, Time-bound) sono fondamentali per un ROI significativo.

Invece di “aumentare la brand awareness”, per esempio, definisci “aumentare il ricordo spontaneo del brand del 15% entro 6 mesi tra il target 25-40 anni”. Invece di “più vendite”, specifica “generare 100 lead qualificati al mese con un CPA massimo di 25 euro”.

Ricorda poi che ogni obiettivo deve avere la sua metrica primaria e le sue metriche di controllo. Se l’obiettivo è lead generation, la metrica primaria sarà il numero di lead, ma dovrai monitorare anche la qualità (tasso di conversione lead-to-customer) e l’efficienza (CPA).

Crea dunque una gerarchia di obiettivi:

  1. strategici (crescita del business)
  2. tattici (performance delle campagne)
  3. operativi (ottimizzazione quotidiana).

In questo modo avrai sempre sotto mano il quadro generale, mentre ottimizzi i dettagli.

Tool consigliati per misurare il ROI in modo chiaro e coerente

Per poter misurare il ROI in modo chiaro e coerente hai a disposizione diversi tool. Tra di essi, Google Analytics 4 rappresenta probabilmente il punto di partenza obbligatorio: ti permette di impostare conversioni personalizzate, utilizzare l’attribuzione basata sui dati e creare report custom per i tuoi KPI specifici.

Per l’attribuzione avanzata, considera tool come Triple Whale, Northbeam, o Hyros, che combinano dati first-party e server-side tracking per un’attribuzione più accurata.

Non sottovalutare poi il ruolo di Google Tag Manager, che è importante per implementare il tracking in modo pulito e gestibile (ti permette di aggiungere pixel e codici di tracciamento senza toccare il codice del sito, e di testare tutto prima di pubblicare).

Infine, per le metriche socialspecific, usa gli analytics nativi delle piattaforme (Facebook Analytics, Instagram Insights, LinkedIn Analytics), da integrarsi con tool di social media management come Hootsuite, Sprout Social, o Later, mentre per il sentiment e la brand awareness, considera tool come Brandwatch, Mention, o BuzzSumo, che ti aiutano a monitorare le conversazioni online e a quantificare metriche qualitative.

Il ROI come bussola strategica, non come numero assoluto

Sperando che le indicazioni che sopra abbiamo avuto il piacere di riassumere ti siano state utili, concludiamo con una piccola valutazione critica sul ROI e sulla sua reale importanza funzionale per le tue strategie.

Usare il ROI per migliorare le campagne, non per giudicarle

Il ROI non deve infatti essere un voto finale, ma deve elevarsi a strumento di orientamento della tua strategia: il suo valore principale non è infatti nel numero assoluto, ma nei trend e nei confronti che ti permette di fare.

Un ROI del 200% può per esempio sembrarti eccezionale, ma se il mese scorso era del 300%, c’è qualcosa da rivedere. Al contrario, un ROI del 50% può essere eccellente se parti da zero o se stai investendo in awareness per un mercato nuovo.

Usa dunque il ROI per confrontare canali, campagne, audience, e periodi. Qual è il canale più efficiente? Quale audience converte meglio? Quali contenuti generano più valore? Queste sono le domande che il ROI ti aiuta a rispondere.

Non giudicare poi una campagna sul ROI del primo mese. I social media hanno effetti compound: l’awareness di oggi genera le conversioni di domani. Una campagna può avere ROI negativo nel breve termine ma essere strategicamente corretta per il lungo termine.

Imposta KPI diversi per fasi diverse del business. Nella fase di lancio, priorità alle metriche di awareness e engagement. Nella fase di crescita, focus su acquisizione e conversioni. Nella fase di maturità, enfasi su retention e customer lifetime value.

Infine, ricorda che il ROI perfetto non esiste. Esiste invece il ROI giusto per i tuoi obiettivi, il tuo mercato e la tua fase di business. Usa questo numero come punto di partenza per decisioni informate, non come verdetto finale sul successo o fallimento delle tue campagne social.

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